La felicità è un sentimento che ogni singolo essere umano ricerca sempre e continuamente.

Spesso ci interroghiamo su cosa ci renda interiormente appagati e gratificati. Sembra tanto facile sapere e conoscere cosa ci renda felice ma il più delle volte la felicità non è programmata. Daniel Kahneman (scienziato cognitivo e premio nobel per l’economia) afferma secondo le sue ricerche che si ha difficoltà nel pensare cosa ci farà felici in futuro ma proviamo con grande facilità il piacere, la soddisfazione e il benessere nel momento in cui lo stiamo vivendo. Spesso quello che pensiamo ci renda felici e quello che ci rende effettivamente felici non coincidono.
Del resto come disse Seneca la felicità è sempre instabile e incerta. Ciò che ci rende felici sono le piacevoli emozioni che fluiscono in noi e queste sorgono spontaneamente. In questi momenti l’emisfero destro (emotivo) viene attivato abbassando quello sinistro deputato alla logica.
Pensateci: come possiamo raggiungere la felicità programmando scelte razionali o comunque inseguendo canoni culturali? Ecco perché può capitare che alle scelte compiute non corrisponde un altrettanto appagamento emotivo. Quando siamo felici semplicemente percepiamo senza giudizi, scelte ed opinioni.
Kahneman ha elaborato il “metodo della ricostruzione giornaliera”, che consiste nel compilare un diario degli eventi della giornata precedente scrivendo ogni momento in cui ci si è sentiti bene e di buon umore, con quali persone e in che contesto. Questo consente di essere più vicini alla propria sfera emozionale non lasciandosi ingannare dalle “trappole cognitive”. Dai risultati di Kahneman è stato visto che gran parte delle attività giornaliere più piacevoli hanno luogo fuori dall’ambito economico-produttivo. Quello che premia la felicità sono le relazioni intime, lo stare in compagnia con famigliari, amici e persone che reputiamo importanti. Al polo opposto si trovano il lavoro, l’essere pendolare e lo shopping. Dai risultati è emerso che il tempo investito con gli amici è quello che offre un maggiore contributo in termini di felicità, seguito da quello trascorso in solitudine. Anche il rapporto di coppia porta benefici non indifferenti in quanto permette di darsi supporto reciproco. Ovviamente si parla di medie statistiche e di certo in alcuni casi è più produttivo lasciare il partner, ma questo non toglie che, generalmente, avere vicina una persona, con cui condividere la vita aiuta a migliorarla.
Il demografo statunitense Richard Easterlin ha scoperto negli ultimi decenni che nonostante il reddito pro capite delle nazioni sviluppate ha continuato a crescere, i loro abitanti non sono diventati più felici. Dobbiamo invece focalizzarci sulle attività che ci rendono più felici nel momento in cui le stiamo vivendo, cercando di attribuire loro un ruolo sempre più importante nella nostra vita e lasciando perdere tutte quelle congetture cognitive pre confezionate, influenzate dalla cultura, che ci vogliono dire cosa serve per essere felici. Più consapevolezza avremo di noi stessi e della nostra sfera emotiva, e più sapremo cosa ci serve per essere felici.
Bibliografia
Easterlin R. (1974), «Does economic growth improve the human lot? In P. A. David, M. W. Reder (Eds.), Nations and households in economic growth: Essays in honor of Moses Abramovitz, Academic Press, New York.
Kahneman D., Krueger A., Schkade D., Schwarz N., Stone A. (2003). A Survey method for characterizing daily life experience: The Day Reconstruction Method, Mimeo, Princeton University, Princeton.
Kahneman D., Krueger A., Schkade D.,Schwarz D., Stone N. (2004). Toward national well being accounts, American Economic Review, 94, 429-434.
La misura della felicità: Rivista di Psicologia Contemporanea 2012 marzo-aprile. Firenze: Giunti Editore